giovedì 29 gennaio 2015

Mi fido di te (e del coq au vin di Julia Child).

Tutti mi dicono che avere un marito cuoco sia la più grande fortuna che la vita potesse riservarmi e, ogni volta che sento pronunciare questa frase, sono quasi certa che il mio interlocutore m’immagini protagonista di una scena degna del “Pranzo di Babette” o di “Vatel”: a capotavola di un tavolo di legno talmente lungo da non riuscire a vederne il limite, imbandito con manicaretti dalle fogge stravaganti. Se potessi sbirciare nel pensiero degli altri, ci troverei senz’altro vassoi colmi di luccicanti arrosti di carne o alzate con torte di almeno tre piani, i cui decori di glassa bianca fanno impallidire le decorazioni barocche del Serpotta. Una scena che è una via di mezzo tra una cena alla corte di Louis XIV e un girone dantesco.

Nel quotidiano, tuttavia, la routine domestica (specialmente quella culinaria) mi riserva dinamiche molto differenti e ciò che l’immaginario altrui identifica come idillio non si avvicina nemmeno lontanamente alla realtà. 
Se chiudo gli occhi e penso a noi, al mio essere la moglie di un cuoco, vedo distintamente le nostre colazioni sempre in bilico tra il silenzio del sonno e la voglia di riempirle delle tante parole per cui è complicato trovare un altro momento, nelle giornate di orari strampalati che facciamo. Credo che lì, tra un caffè e una ciotola di cereali, risieda l’essenza della nostra famiglia.

Mi concentro ancora un po’ - mi basta un attimo - e i più significativi attimi vissuti in cucina insieme riaffiorano. La prima volta che gli ho visto rosolare un arrosto in padella prima di passarlo in forno e ho finalmente capito perché i miei arrosti somigliavano a dei bolliti…
La perplessità vedendogli creare coperchi per le pentole con la carta da forno o il fastidio che mi dà la sua ostinazione nel non usare le presine e lasciare invece ovunque canovacci arrotolati. La pizza nei giorni liberi, che abbiamo assodato essere mio dominio, i biscotti al cioccolato che da troppo tempo ho promesso di rifare e dovrò prima o poi decidermi a infornare. 

Lo spazio condiviso, mai conteso, tra lavello, fornelli e piano di lavoro. Metri quadri in cui lui cessa di essere un cuoco “per davvero” ed è semplicemente mio marito. Ingombrante come lo sono tutti gli uomini tra un pensile e uno sportello, talentuoso certamente, ma soprattutto chiacchierone e rilassato. L’uomo cui posso chiedere di spiegarmi nei dettagli la reazione di Maillard o il fraisage, il compagno con cui mangiare un sushi improvvisando un picnic in salotto mentre guardiamo un film. 

Mi fido di lui anche se lasciargli il comando nella nostra cucina vuol dire avere la certezza di trovare usate (e da lavare) metà delle pentole/ciotole/mestoli che abbiamo.
Si fida di me anche quando decido di lanciarmi in esperimenti improbabili e parto alla ricerca di ingredienti che forse nemmeno esistono.

Perché in cucina, come nelle relazioni, è tutta una questione di fiducia. Di una rilassatezza e di una sicurezza che ci sollevano dalle pressioni rendendoci liberi di vivere pienamente l’attimo e coglierne ogni infinitesima sfumatura. Del sapere che ci saranno sempre altre due mani pronte a venirti in aiuto, che sia per afferrare al volo una teglia troppo pesante, per aggiungere un pizzico di sale alle verdure o girare il sugo prima che si attacchi. Altre due mani cui passare un piatto da portare in tavola, con cui brindare nei momenti speciali. Altre due mani da stringere aspettando che il pollo in casseruola sia cotto. 

Il mio essere “la femme du chef” sta tutto lì e forse non è sfarzoso o perfetto come si potrebbe immaginare, ma a quelle due mani non potrei mai rinunciare.

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Qualche anno fa, vivevamo ancora a Parigi, mio marito tornò in casa una sera con un pacco per me piuttosto pesante. Erano i due volumi di Mastering the art of French Cooking di Julia Child e non potevo immaginare che negli anni successivi sarebbe diventato IL mio libro di cucina, che consulto quando voglio essere sicura della preparazione di un piatto o quando ho il tempo per sperimentare delle ricette tradizionali francesi. Sarà il fatto che amo la cucina francese, saranno le spiegazioni prive di fronzoli e l’impaginazione rigorosa, ma con Julia non sbaglio mai un colpo. Se dice di non preoccuparsi se i funghi trifolati all’inizio sembrano attaccarsi in padella, io non mi preoccupo e attendo che dopo due minuti, come lei aveva previsto, tornino a sfrigolare nel burro. Mi ha insegnato ad asciugare sempre bene la carne prima di cuocerla e ha consolidato la mia moderata ma ferma passione per il burro.

Quando il Corriere della Sera mi ha chiesto di raccontare una delle mie #Storiedicucina ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto accompagnarla con una ricetta francese di Julia Child perché di lei, così come di mio marito, mi fido al 100% e non c’era altro modo per accompagnare un post in cui volevo raccontare la nostra famiglia. Ho scelto il Coq au vin, il pollo al vino rosso, perché è un piatto da portare in tavola la domenica, facendo arrivare la casseruola pesante e calda a capotavola. Richiede numerosi passaggi, neanche troppi a dir la verità, ma la sua preparazione non è complessa. Ancora una volta, fidatevi di me (e di Julia Child) e anche se la spiegazione vi sembrerà lunga non fatevi intimorire, prendetevi del tempo e scegliete un buon vino rosso. Il resto, seguendo Julia, verrà da sé.

La mia storia e il coq au vin di Julia Child oggi accompagnano il lancio di Storie di Cucina, la nuova collana di libri del Corriere della Sera che trovate in edicola proprio da stamattina. Saranno 20 libri, 20 storie diverse tra di loro ma accomunate dalla cucina e dal cibo, protagonisti di tutte le narrazioni. Ci saranno dei classici come Kitchen di Banana Yoshimoto e Chocolat di Joanne Harris, ma anche Julie e Julia di Julia Powell (che non ho ancora letto e spero rispecchi l’immagine che ho di Julia Child) e Un filo d’olio di Simonetta Agnello Hornby, che vi porterà dritti in una Sicilia che mi ricorda quella descritta da mia nonna. Io ho potuto sfogliare in anteprima il primo libro della collana La parte più tenera di Ruth Reichl e posso dirvi che è pane per i nostri denti.

Buona lettura, buona cucina e (oggi più che mai) bon appétit

Coq au vin
ricetta tradotta e adattata da "Mastering the art of French Cooking" di Julia Child, Louisette Bertholle e Simone Beck.

Ingredienti per 4-6 persone
  • 1kg e mezzo di pollo, tagliato a pezzi
  • 100 gr di pancetta affumicata tagliata a striscioline
  • 2 cucchiai di burro
  • 1/4 cup di cognac
  • 3 cup di vino rosso di buon corpo (io ho usato un Chianti, ma Julia Child dice chi si possono usare anche un Borgundy, Beaujolais, Côtes du Rhône)
  • 2 cup brodo di pollo
  • 1/2 cucchiaio di concentrato di pomodoro
  • 2 spicchi d'aglio interi in camicia
  • qualche rametto di timo fresco
  • 1 foglia d'alloro
  • sale, pepe
Per il beurre manié:
  • 3 cucchiai di farina
  • 2 cucchiai di burro morbido
Per servire:
  • una ventina di cipolline brasate
  • 250gr di funghi saltati (ndr: al burro, devo precisarlo? ;-)
  • patate lessate
Sbollentate la pancetta in acqua bollente per una decina di minuti, poi scolatela, sciacquatela con acqua fredda e asciugate con carta assorbente.

In una ampia casseruola (dovrà contenere anche il pollo) fate sciogliere due 2 cucchiai di burro e quando è molto caldo aggiungete la pancetta e fate cuocere finché non inizierà a brunire, poi levate dalla casseruola e tenete da parte. tamponate il pollo con carta assorbente in modo che sia ben asciutto, mettetelo in casseruola e fate brunire. Salate e pepate, rimettete la pancetta in casseruola, coprite e fate cuocere a fuoco basso per 10 minuti, girando il pollo una volta.

Levate il coperchio, versate il cognac e facendo attenzione flambate il pollo, accendendo il cognac con un accendino. Scuotete la casseruola per qualche secondo, finché la fiamma si estinguerà. Aggiungete il vino e il brodo, fino a coprire il pollo con il liquido, infine unite il concentrato di pomodoro, l'aglio, il timo e l'alloro. Portate a ebollizione, coprite e fate sobbollire a fuoco basso per 25-30 minuti o finché il pollo non sarà morbido. Togliete i pezzi di pollo dalla casseruola e tenete da parte.

Preparate la salsa: fate bollire a fuoco alto il liquido di cottura del pollo per farlo ridurre, dovrete ottenere circa 2 cup e mezzo di salsa. Togliete dal fuoco, regolate di sale e pepe e eliminate l'aglio e le erbe aromatiche. In una ciotola, mescolate la farina e 2 cucchiai di burro morbido fino a ottenere un composto omogeneo (che tecnicamente si chiama beurre manié), unitelo alla salsa di cottura del pollo mescolando con una frusta affinché si sciolga senza formare grumi. Rimettete la casseruola su fuoco medio e fate sobbollire per un paio di minuti, la salsa dovrà restare liquida ma avere una consistenza tale da velare un cucchiaio. Quando la salsa sarà pronta, rimettete il pollo in casseruola e aggiungete anche le cipolline e i funghi, mescolate bene e fate rinvenire per circa 5 minuti. Servite caldo, accompagnando se volete con patate prezzemolate.

10 commenti:

  1. Concordo con Sara, bella dichiarazione nel giorno del compleanno dello chef! Abbracci a voi tre. Rosalba

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    1. grazie, in effetti è stato un regalo di compleanno non programmato :-)

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  2. Esistono parole che ti toccano direttamente il cuore, così come profumi e sapori che toccano corde altissime. Tu con entrambe sei ruscita a farlo. Fortunato tuo marito e fortunati noi.
    La collana di #storiedicucina ho deciso di prenderla. Adoro le storie che ruotano intorno a un fornello. Aspetto di finire il libro che sto leggendo ora e comincio con La parte più tenera :)

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    1. Ciao Paola, ti ringrazio per le tue belle parole. La collana merita perché i titoli sono stati scelti davvero con cura da Angela Frenda e racchiudono ognuno una storia incantevole.
      A presto!

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