
Il 23 maggio 1992 era sabato.
Un sabato come tanti di fine maggio, con l’aria che – per lo meno a Palermo – profuma già d’estate. È tempo di passeggiate a Mondello, di bagni e gelato. La fine della scuola è a un tiro di schioppo e si respira l’inconfondibile atmosfera di fine anno. Quando hai undici anni le vacanze estive sembrano e sono infinite, i mesi durano di più e anche i pomeriggi del sabato sono lunghissimi.
Il 23 maggio 1992 avevo undici anni e il sabato pomeriggio lo trascorsi agli scout, tra parole, giochi e canti, progetti di campi estivi. Tutto come sempre.
Ma quel sabato pomeriggio rientrando a casa c’era qualcosa di strano nell’aria. Rumore e silenzio in centro città, un cielo grigio e pesante, movimenti per le strade. Davanti la porta di casa nostra, di fianco allo zerbino, un amico di papà aveva lasciato una cassetta di legno piena di nespole e la prima cosa che chiesi rientrando fu proprio “ma da dove vengono quelle nespole?”. Non ricordo nemmeno se mamma mi rispose, ancora oggi però quella cassetta di nespole è la prima cosa a cui penso ogni 23 maggio.