Ci sono ortaggi che nascono un po’ sfortunati, lo scrivo senza troppi timori. Prendete le carote: passano buona parte della loro vita sotto terra, hanno un puntuale momento di fama in tarda primavera, quando l’avvicinarsi dell’estate accende i riflettori sui benefici dei caroteni per la tintarella. Ma poi?
Pur essendo quasi sempre presenti in casa, sono relegate a soffritti (tutti almeno una volta nella nostra vita abbiamo avviato un ragù con il mitico trito carota-sedano-cipolla), qualche minestrone e insalate dietetiche, perché oltre che far bene alla pelle le carote sono anche povere di calore (fonti affidabili* dicono 35 ogni 100g).
Quando al supermercato le vedo in enormi bustoni di plastica trasparente a righe arancioni mi mettono sempre un po’ di tristezza addosso (perché mai le buste sono di questa fantasia, ve lo siete mai chiesti? è un modo per preservarne la freschezza o solo l’eccentricità di un distributore burlone?), mi viene quasi l’istinto di liberarle. Non che io sia priva di colpe nei loro confronti, rea di abbandonarle nel cassetto basso del frigorifero per settimane, dimenticando completamente la loro presenza, o di sceglierle come gregarie in ricette in cui i protagonisti sono gli altri.
A guardar bene, invece, la carota meriterebbe una sua centralità gastronomica per molteplici ragioni (e qui lascio la parola agli esperti*), infatti “a prescindere dal valore calorico basso che poco contribuisce all’apporto energetico della dieta, il suo valore nutritivo risulta importante per il contenuto vitaminico e di minerali quali calcio, ferro, magnesio. Oltre alla presenza di vitamina B1, B2, PP, sono contenuti in quantità molto elevata caroteni, composti convertibili in vitamina A dagli organismi animali”. Non dimentichiamo poi che “la carota dell’altopiano del Fucino coltivata in provincia dell’Aquila e caratterizzata dall’inteso colore arancio, dalla polpa soda e croccante e dall’assenza di peli radicali, ha conseguito nel 2007 l’attribuzione dell’indicazione geografica protetta”, mica bruscolini.
Enciclopedie a parte, è Dicembre e in questo periodo siamo tutti più buoni. Ebbene, lo sarò anche io… con le carote. Perdonatemi patate arrosto o pisellini al burro, quest’anno il mio contorno d’elezione sarà arancione. Per le feste, chips di carote per tutti!
Le ho preparate usando lo Smart Oven Samsung per testare la funzione Slim Fry e delegare al forno il controllo della cottura (utilissimo se nel frattempo devi evitare che bruci l’arrosto o che scuociano i tortellini!), ma possono essere realizzate anche in padella o al forno, per tenerle leggere come quelle che ho preparato io.
Prima del weekend e del breve ponte dell’Immacolata, quindi, vi lascio una nuova idea per i menù di festa, così potrete provarla e contribuire anche voi alla causa di riabilitazione della carota ;-)
Buon fine settimana a tutti!
PS: se per caso vi foste fatti prendere dal mio fervore, sul blog trovate anche la crema di carote al curry e il cake salato alle carote viola e fiocchi d'avena.
*Fonte: Marco Guarnaschelli Gotti, Grande enciclopedia illustrata della gastronomia (edizione a cura dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, Mondadori Doc.
Chips di carote
Ingredienti per 6 persone
- 4 carote
- 1 rametto di timo fresco (va bene anche quello secco, ne userete circa un cucchiaio)
- olio all'aglio
- sale di Maldon
Lavate e pelate le carote, tagliatele in obliquo a fette spesse circa 3 millimetri.
Disponete le carote sul piatto doratore dello SmartOven, versate un filo d'olio e mescolate affinché le carote siano unte in maniera uniforme. Spolverate con timo e un po' di sale, cuocete con modalità SlimFry, programma 7: selezionando il peso delle carote la durata di cottura sarà impostata automaticamente dal forno. Servite calde completando con un pizzico di sale Maldon e del timo.
Ne mangerei a quintali ^^
RispondiElimina